lunedì, marzo 26, 2007
domenica, marzo 25, 2007
Carta da Parati
Buona sintesi di Rick Poynor – critico e divulgatore del design – contenuta nel divertente “Obey the Giant” del 2001. Wallpaper è stato un caso editoriale di successo (prima rivista europea acquistata da Time Inc.) e, nella seconda metà degli anni novanta, una guida per consumatori di successo, cosmopoliti ed esigenti. Con una grafica che alludeva alla mitologia degli spostamenti intercontinentali in aeroplano e all’edonismo bonario degli anni cinquanta, Wallpaper aveva l’ambizione di stabilire uno standard all'ostentazione del privilegio tramite shopping per una generazione urbana vorace, poco propensa all’ironia e con un livello di attenzione decisamente limitato.
Sono passati i tempi d’oro e il fondatore Tyler Brûle è stato columnist per il FT e ha lanciato il nuovo mensile Monocle. Ciononostante, non sono riuscito a resistere alla tentazione di acquistare la Wallpaper City Guide di Milano durante una recente incursione presso la Hoepli. S’inizia con le informazioni essenziali e alla voce “Costo della Vita”: ecco i prezzi per procurarsi un taxi, un cappuccino un pacchetto di sigarette, un quotidiano e una bottiglia di champagne. Il resto è un itinerario tra i comfort della città pensato per una permanenza lunga, realisticamente, tra le 24 ore e i tre giorni. Milano è sostanzialmente rimossa, la sezione sport e SPA è più nutrita di quella sulle attrattive caratteristiche. Nessuna frizione con il posto reale, il fine ultimo è quello di rassicurare il lettore mentre sceglie con simulata competenza l’opzione più adeguata. Addirittura, cosa strana se si parla d’Italia, poco spazio dedicato alla ristorazione: giusto due o tre posti gettati li senza indicazioni precise sulla cucina e una lamentela sulla scarsa attenzione all’illuminazione che affligge i ristoranti locali. In sostanza un manualetto neo-puritano, un breve vademecum per entrare (con il minor piacere possibile) nella schiera dei pochi prescelti dal gusto immacolato.
venerdì, marzo 23, 2007
Sterminatore americano
giovedì, marzo 22, 2007
domenica, marzo 18, 2007
In memoria di me
Un sottile disappunto perche' un film non e' piaciuto a sufficienza? Mi e' capitato con "In memoria di me" di Saverio Costanzo: ho tifato per un paio d'ore per il regista. Se non ci fosse stata quella scena quasi- fantascientifica con il malato terminale che attraversa lentamente il corridoio sfocato del convento, se non ci fosse stato quel bacio che sa di accademia, se Costanzo avesse amato meno gli spazi, i volti e i silenzi. Come quando si riconosce una forma di animale o di persona nelle nuvole o si intravede gia' il disegno prima di unire i punti in quei giochi enigmistici, "In memoria di me" esige uno slancio dello spettatore, un piccolo aiuto che lo aiuti a diventare il film che sarebbe potuto essere. Eppure e' una pellicola interessante, coraggiosa e profonda. Cancellero' il disappunto chiudendo un occhio sulle macchie e decidendo fin da ora che entrera' nella lista personale degli italiani preferiti della stagione.
Illustrazione Mel Bochner "Untitled" - 1996
domenica, marzo 04, 2007
Alpha Dog
L'ambientazione è efficacemente oppressiva. Tutti i membri della gang appartengono alla borghesia di Los Angeles e hanno la fissa del gangster rap: feste, piscine, pistole, video-games, genitori drogati, automobili costose, tatuaggi, valley girls, abigliamento sportivo pseudo-ghetto. Una specie di Beverly Hills 90210 malata in cui tutti fingono di vivere a South Central. Il fastidio dato dal mix di stupidità e brutalità dei personaggi sarebbe stato decisamente attenuato se l'ambientazione fosse stata la micro criminalità di qualsiasi altra città statunitense, per non dire europea.
Peccato per le tante sbavature pop/estetizzanti (come la scena della seduzione in piscina, tra l'altro di per se, bellissima ) che mal si adattano all'intelaiatura della narrazione.