domenica, marzo 25, 2007

Carta da Parati

“Tutto in Wallpaper è soddisfazione dei desideri e far credere. La metodologia violenta-budget di Brûle consiste nel trovare una location desiderabile a Londra, Stoccolma o sul Lago di Garda, dipingerla, riempirla di mobili e accessori, ornare il posto con modelli di agenzia per dargli un aspetto vissuto (vissuto dai modelli naturalmente) e far entrare i fotografi”

Buona sintesi di Rick Poynor – critico e divulgatore del design – contenuta nel divertente “Obey the Giant” del 2001. Wallpaper è stato un caso editoriale di successo (prima rivista europea acquistata da Time Inc.) e, nella seconda metà degli anni novanta, una guida per consumatori di successo, cosmopoliti ed esigenti. Con una grafica che alludeva alla mitologia degli spostamenti intercontinentali in aeroplano e all’edonismo bonario degli anni cinquanta, Wallpaper aveva l’ambizione di stabilire uno standard all'ostentazione del privilegio tramite shopping per una generazione urbana vorace, poco propensa all’ironia e con un livello di attenzione decisamente limitato.

Sono passati i tempi d’oro e il fondatore Tyler Brûle è stato columnist per il FT e ha lanciato il nuovo mensile Monocle. Ciononostante, non sono riuscito a resistere alla tentazione di acquistare la Wallpaper City Guide di Milano durante una recente incursione presso la Hoepli. S’inizia con le informazioni essenziali e alla voce “Costo della Vita”: ecco i prezzi per procurarsi un taxi, un cappuccino un pacchetto di sigarette, un quotidiano e una bottiglia di champagne. Il resto è un itinerario tra i comfort della città pensato per una permanenza lunga, realisticamente, tra le 24 ore e i tre giorni. Milano è sostanzialmente rimossa, la sezione sport e SPA è più nutrita di quella sulle attrattive caratteristiche. Nessuna frizione con il posto reale, il fine ultimo è quello di rassicurare il lettore mentre sceglie con simulata competenza l’opzione più adeguata. Addirittura, cosa strana se si parla d’Italia, poco spazio dedicato alla ristorazione: giusto due o tre posti gettati li senza indicazioni precise sulla cucina e una lamentela sulla scarsa attenzione all’illuminazione che affligge i ristoranti locali. In sostanza un manualetto neo-puritano, un breve vademecum per entrare (con il minor piacere possibile) nella schiera dei pochi prescelti dal gusto immacolato.